“Burnout” è un termine di origine inglese che letteralmente significa “bruciato”, “esaurito” o “scoppiato”. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il burnout è una sindrome derivante da stress cronico associato al contesto lavorativo, che non riesce ad essere ben gestito.
La sindrome del burnout è caratterizzata da una serie di fenomeni di affaticamento, delusione, logoramento e improduttività che sfociano in prostrazione e disinteresse per la propria attività professionale quotidiana.
Ci si chiede, quindi, se lavorare troppo faccia effettivamente male, quali siano gli effetti dello stress sulla salute e cosa si possa concretamente fare per la prevenzione e, contemporaneamente, arginare gli effetti negativi dello stress da lavoro, prima che degeneri provocando danni anche seri al nostro organismo.
La scienza e la medicina per prime indicano come, effettivamente, alcune delle preoccupazioni degli italiani abbiano delle radici fondate. In particolare, sono molti gli studi di evidenziano come lavorare troppo faccia male al cuore. Secondo una ricerca britannica, una settimana lavorativa di più di 55 ore fa aumentare fino al 27% il rischio di ictus e fino al 13% quello di sviluppare una malattia cronica rispetto a chi sta sul posto di lavoro tra le 35 e le 40 ore settimanali.
Sebbene il nesso causale tra lavoro e rischi cardiovascolari debba ancora essere indagato a fondo, gli studiosi sono concordi nell’indicare che uno stress prolungato da lavoro possa indurre alcune alterazioni nell’organismo, possibili fonti di patologie insidiose, soprattutto sul sistema cardiovascolare ma anche la possibilità di ammalarsi di diabete, tumore e artrite.
Inoltre, gli effetti dell’eccesso di lavoro coinvolgono anche la dimensione psicologica, manifestando diversi sintomi quali: ansia, depressione, panico, rabbia, autocommiserazione.
Infine, lavorare troppo può causare anche mal di testa di tipo ipertensivo, insonnia, gastrite.
Si tratta di una situazione davvero insidiosa perché, da un lato, i segnali dello stress lavorativo non si manifestano subito, quindi tante giovani donne stanno gettando ora, per così dire, le basi dei propri problemi del futuro, inconsapevolmente. Dall’altro, gli studiosi ipotizzano che gli effetti dell’iper lavoro siano più severi sulle donne perché ancora oggi ricade su di loro la gran parte dello stress determinato dalla gestione della famiglia.
Se è vero che il lavoro può essere la causa principale di problemi di salute, burnout, difficoltà a conciliare famiglia e lavoro, è anche vero che spesso sono le stesse aziende a farsi promotrici di uno stile di vita sano e di una cultura della prevenzione. Anche in Italia, ad esempio, crescono le imprese che, cavalcando l’onda dei vantaggi (anche fiscali) che possono derivare dall’attivazione di un piano welfare, offrono ai loro dipendenti dei servizi che contribuiscono sensibilmente a migliorare non solo il loro approccio al lavoro, ma anche la qualità della loro vita.
Strategie che vanno a modificare l’orario e la modalità di lavoro, come lo smart work e una maggiore flessibilità secondo le esigenze individuali ma anche servizi specifici per la tutela della salute, come polizze sanitarie e servizi di sanità integrativa, sono ormai realtà in molte piccole e grandi realtà economiche del nostro paese. Molte aziende si sono rese conto, infatti, che prendersi cura dei propri dipendenti e promuovere una cultura della prevenzione non è soltanto una scelta nell’interesse del lavoratore ma anche un beneficio per la produttività dell’impresa, consapevole del fatto che il capitale umano è la sua risorsa più preziosa.
Minori preoccupazioni riguardo alla propria salute, minori tempi di attesa per esami e visite e maggior flessibilità dell’orario di lavoro fanno, contemporaneamente, la soddisfazione del datore di lavoro e del dipendente. Infatti, un lavoratore sano è più felice e produttivo e riduce sensibilmente i rischi determinati dal troppo lavoro: una situazione in cui tutti abbiamo da guadagnare e nessuno da perdere, un’opportunità importante da non sottovalutare proprio perché al centro c’è la salute.
Maria Teresa Mattogno