Affacciata sul Mar Mediterraneo, non lontana dalla più rinomata Marsa Matruh, El Alamein è una destinazione nata da pochi anni che sta, però, crescendo velocemente. Nuovi resort, villaggi turistici, hotel e anche residence, grandi o piccoli a piacere, stanno nascendo sul lungomare. Le acque dal colore cristallino, la spiaggia di sabbia fine e un litorale frastagliato con profonde insenature connotano la costa settentrionale dell’Egitto.
Questo tratto egiziano di costa, definito l’Egitto caraibico, offre anche la possibilità di scoprire una serie di monumenti storici di un non lontano passato. Infatti prima di trasformarsi in una meta turistica, El Alamein era, purtroppo, ricordata soprattutto per una delle più cruenti battaglie della Seconda Guerra Mondiale.
Le sorti di questo conflitto nel Nord Africa, infatti, non sarebbero state le stesse se gli Inglesi non avessero sbaragliato le forze italiane e tedesche presso il villaggio, tra il 23 ottobre e il 4 novembre 1942. Il luogo fu testimone della contrapposizione di due strategie: quella del generale Erwin Rommel, la “volpe del deserto”, a capo delle forze tedesche e italiane, e quella del generale inglese Bernard Montgomery.
Winston Churchill, che guidò il Regno Unito durante la guerra, scrisse della battaglia di El – Alamein: “Prima di El – Alamein non sapevamo cosa fosse la vittoria. Dopo El – Alamein non conoscemmo più la sconfitta”.
Le perdite di entrambe le parti furono pesanti ed El – Alamein è oggi segnata da cimiteri e monumenti commemorativi. Quelli tedeschi e italiani si trovano nella parte destra mentre il cimitero militare inglese e del Commonwealth si trova a sud, di fronte al museo di El – Alamein dove sono esposti materiali relativi alla battaglia e pezzi d’artiglieria.
Si può visitare il Sacrario militare tedesco dove, dal 1958, riposano 4200 caduti. L’edificio, alto 12 metri e di pianta ottagonale, ricorda una fortezza per via delle torri angolari. Un largo viale porta invece al Sacrario militare italiano che fu progettato da Paolo Caccia Dominioni con pianta ottagonale e interamente in marmo di Carrara: dei 5000 caduti, più di 2000 sono ignoti e dormono il sonno eterno rivolti verso il mare e l’Italia. Inoltre, su una collinetta ad ovest della torre del Sacrario, a circa 500 metri, sorge la torre “Quota 33” a ricordo perenne del sacrificio italiano ad El – Alamein.
Lasciandomi alle spalle questo triste ricordo, mi tornano alla memoria le parole riportate su una bianca targa marmorea posta nel deserto egiziano dai Bersaglieri del 7° Reggimento il 1° luglio 1942: “Mancò la fortuna, non il valore!” Quel valore che guidò ogni singolo soldato a difendere la propria Patria, ad ascoltare quella bussola interiore che indicava loro la strada da percorrere o ad osservare la luce del faro che illuminava il loro destino.
Raccontare oggi la vita di un soldato è molto complicato. A volte ci aiutano i film che vediamo al cinema o in televisione ma comprendi come c’è sempre una parte mancante, come dietro a queste storie se ne nascondono molte altre: il modo di addestrarsi al combattimento, di organizzarsi in forze capaci di raggiungere in poco tempo anche i Paesi più lontani, l’equipaggiamento a disposizione di ciascun militare che, nel frattempo, è diventato sempre più completo e sofisticato (merito della tecnologia avanzata che studia, sperimenta e costruisce armi e sistemi d’armamento sempre più altamente tecnologici), le ferite, il dolore di una guerra che non si vuole combattere ma per la quale si è costretti a farlo e la paura di non poter più tornare a casa.
Chi si è sacrificato nel deserto egiziano ha dimostrato che la sua volontà di soldato era quella di donarsi alla Patria sino all’estremo, combattendo fino alla morte, credendo fortemente nei valori e negli ideali di Patria, onore e lealtà, indossando la divisa come se fosse stata per loro una seconda pelle e salvando, in più di un’occasione, altre vite umane.
Dietro ad ogni perdita c’è sempre una madre, una moglie, una fidanzata o un figlio che non hanno più lacrime da versare. L’unico conforto è spesso rappresentato dalla vicinanza dei commilitoni che hanno avuto la fortuna di rientrare in Patria. Mio nonno fu uno di questi e, se il destino non fosse stato così clemente con lui, oggi non sarei qui a scrivere ciò che i miei occhi hanno visto e ciò che il mio cuore ha sentito, ricordando solo la tenerezza del suo saper raccontare e nascondendo, a quella bambina curiosa, la crudeltà di una guerra che aveva vissuto.
Francesca Sirignani